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Capitale della cultura: l’Aquila torna a volare alto

Capitale della cultura: l’Aquila torna a volare alto

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Dopo il tremendo terremoto del 6 aprile 2009 L’Aquila risorge dalle proprie ceneri puntando sulla cultura come strumento di rinascita e recupero del senso di identità cittadina e rilancio sociale ed economico.

Glocal è la formula su cui si basa il progetto aquilano. Global: L’Aquila come cantiere sperimentale di connessione culturale. Local: L’Aquila laboratorio orizzontale di innovazione sociale.

Queste le motivazioni della giuria, presieduta da Davide Maria Desario:

Il dossier propone un modello di valorizzazione del territorio e del patrimonio culturale, artistico e naturale. Mira al recupero dell’identità, puntando sulla cultura intesa come volano per la crescita e come elemento fondante di una comunità. Il progetto coinvolge un numero rilevante di realtà, creando un forte collante con i territori circostanti. Il budget previsto è coerente con gli obiettivi. La strategia di spesa indicata è destinata ad avere un importante effetto moltiplicatore. Il palinsesto degli eventi e delle iniziative si sviluppa per l’intero anno e copre tutto il panorama dell’espressione artistica e culturale: cinema, teatro, musica, arti visive. Apprezzata l’attenzione ai giovani che non saranno solo fruitori ma attori. Il progetto adempie agli indicatori del bando, con una buona integrazione tra pubblico e privato. Molto apprezzata la centralità e il coinvolgimento del sistema museale, bibliotecario e universitario. Il giudizio è eccellente.

Il progetto: “L’Aquila Città Multiverso è un ambizioso programma di sperimentazione artistica per la creazione di un modello di rilancio socioeconomico territoriale a base culturale capace di proiettarla verso il futuro seguendo i 4 assi della Nuova Agenda Europea della Cultura: coesione sociale, salute pubblica benessere, creatività e innovazione, sostenibilità socio-ambientale.

Immaginare L’Aquila come una città multiverso significa vederla come una realtà complessa in cui convivono e interagiscono molteplici dimensioni parallele, una città che apre possibilità inesplorate di creatività artistica e rigenerazione urbana, proprio grazie alla coesistenza dialogante di molteplici dimensioni spazio-temporali e culturali. L’Aquila Città Multiverso potrà così costituire un modello replicabile di sviluppo sostenibile anche per Rieti e per le Aree Interne italiane ed europee. Un modello che ambisca a rimodulare con intelligenza il rapporto tra il centro urbano e una costellazione di piccoli centri dalla forte identità sociale e culturale. Un territorio, in tal senso, ancora vitale e capace di immaginare un progetto di futuro, ma che ha bisogno di una spinta decisiva per aprire un nuovo, vero ciclo generativo.

I 5 filoni: Multiculturalità, Multidisciplinarietà, Multitemporalità, Multiriproducibilità e Multinaturalità esploreranno, attraverso un ricco programma di iniziative, la complessità e la ricchezza culturale e ambientale che caratterizza L’Aquila, Rieti e i borghi circostanti.”

Anche nel lontano 1968 dopo il tragico terremoto del Belìce che rase al suolo Gibellina, si puntò ad una rinascita basata sulla cultura, l’arte e la rigenerazione urbana. Nel 1984, infatti il sindaco, Ludovico Corrao, propose di ricostruire altrove la cittadina e di commemorare l’accaduto con delle opere d’arte. Molti artisti, a titolo gratuito, fecero le loro proposte. Chi seppe interpretare meglio l’accaduto fu l’artista informale Alberto Burri: “Andammo a Gibellina con l’architetto Alberto Zanmatti, il quale era stato incaricato dal sindaco di occuparsi della cosa. Quando andai a visitare il posto, in Sicilia, il paese nuovo era stato quasi ultimato ed era pieno di opere. Qui non ci faccio niente di sicuro, dissi subito, andiamo a vedere dove sorgeva il vecchio paese. Era quasi a venti chilometri. Ne rimasi veramente colpito. Mi veniva quasi da piangere e subito mi venne l’idea: ecco, io qui sento che potrei fare qualcosa. Io farei così: compattiamo le macerie che tanto sono un problema per tutti, le armiamo per bene, e con il cemento facciamo un immenso cretto bianco, così che resti perenne ricordo di quest’avvenimento.” Alberto Burri, 1995.

Il Cretto di Alberto Burri è un labirinto percorribile di ottomila metri quadrati. Visto dall’alto sembra un grande sudario steso sui morti, le case, i giorni perduti. Si tratta di una scultura che, oltre a modellare il paesaggio, è anche un allestimento teatrale. A pochi chilometri da lì sorge Gibellina Nuova.

Il sindaco Ludovico Corrao invitò i più noti artisti e architetti italiani a costruire una nuova Gibellina. La cittadina venne realizzata secondo i principi dell’architettura razionalista del tempo. I nomi più altisonanti dell’architettura e dell’arte si prodigarono in questo grande esperimento di Città ideale contemporanea, ispirata all’ideale Rinascimentale di controllo razionale e antropocentrico dello spazio e della natura. Venne realizzato anche un Museo d’Arte Contemporanea in cui sono conservate circa duemila opere. Su proposta del sindaco Ludovico Corrao vennero inoltre istituite le Orestiadi un festival internazionale con manifestazioni teatrali, musicali, di pittura, scultura, cinema. La “Fondazione Orestiadi di Gibellina” si svolge ogni estate dal 1981. www.fondazioneorestiadi.it

A quell’epoca i tempi non erano ancora maturi per comprendere l’importanza della cultura e dell’arte come strumento di rigenerazione di una collettività ferita e come volano di sviluppo anche economico. Nonostante la lungimiranza e il coraggio del sindaco Ludovico Corrao, venne compiuto un grave errore, costruendo una città completamente a tavolino, del tutto avulsa dalla storia e dalle tradizioni del territorio. Una città è il prodotto della sedimentazione di secoli di architetture, civiltà, tradizioni, usanze e abitudini diffuse e radicate. Gibellina è stata ricostruita come una novella Città Ideale del Rinascimento, ma senza l’adesione culturale e il substrato antropologico che ha permesso alle vere città ideali, Pienza e Urbino, di non rimanere solo un modello. Così Gibellina è stata per lunghi anni una città fantasma, dove gli abitanti non riuscivano ad ambientarsi, perché costruita con modelli architettonici avulsi dalla loro tradizione culturale.

La ὕβϱις autoreferenziale e individualista degli artisti e soprattutto degli architetti dell’epoca, produsse una cittadina completamente sganciata dalle abitudini millenarie degli abitanti che avrebbero dovuto abitarla. Gli architetti progettarono senza fare un’analisi dei luoghi, senza individuare il Genius loci e non hanno saputo interpretare e valorizzare i Caratteri Originali del luogo.

Questa è la condanna dell’architettura contemporanea: tracotante, iper tecnologica, frutto egocentrico della volontà di affermazione dell’archi-star che non si pone più come interprete delle comunità ma che vuole solo affermare se stesso attraverso il suo stile e realizza architetture stranianti, austere, fredde e inospitali.

Oggi, a decenni di distanza le cose sono molto cambiate, perché è cambiata la società, è cambiata la cultura e la sensibilità collettiva. Così oggi a Gibellina è in corso una nuova sfida: il coinvolgimento di Sten Lex, un artista della Street Art. L’iniziativa è un’idea dell’assessore alla cultura Giuseppe Zummo: “Elemento d’ispirazione sono state le contaminazioni artistiche che Gibellina ha avuto negli anni, e di conseguenza lo sviluppo di un metodo. La ricostruzione della città è un caso unico al mondo. Sono passati trent’anni e i concetti di arte pubblica, sostenibilità, estetica, conservazione, si sono modificati. Oggi il coinvolgimento dei cittadini diventa fondamentale. Il contatto con gli artisti è più diretto. E i linguaggi si fanno più immediati, economicamente sostenibili. Come per la Street Art”.

L’opera di Sten Lex, intitolata Varco, rappresenta un legame tra passato e presente. Il varco guida lo sguardo verso il teatro, mai terminato, progettato dall’architetto Consagra. Il muro perimetra e definisce le linee di fuga della prospettiva diventando un collegamento metaforico fra il sogno utopico fallito e il presente da cui ricominciare.

L’esempio di Gibellina e dell’Aquila si configurano come un esempio di ricostruzione e rilancio intelligente di territori feriti. La speranza è che i terremoti del futuro, che inevitabilmente purtroppo ci saranno, possano essere neutralizzati da un’architettura responsabile, capace di investire sulla sicurezza.

 

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